Appreso o innato? Il nostro comportamento dipende dalla natura o dalla cultura? – NeuroPsi
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Appreso o innato? Il nostro comportamento dipende dalla natura o dalla cultura?

 

Appreso o innato?

Nel tentativo di comprendere la mente umana, “natura” e “cultura” sono spesso considerati termini contrapposti: secondo alcuni il nostro comportamento è determinato interamente dalla nostra natura, dalla biologia; secondo altri è la cultura che ci insegna ad essere come siamo.

La verità sta nel mezzo.

 

Nonostante soltanto negli ultimi decenni siano stati compiuti passi importanti per capire come la biologia sia alla base del comportamento umano, già in passato sono state fornite delle evidenze grazie ad eventi accidentali, come il famoso caso descritto da Harlow dell’incidente occorso a Phineas Gage, un operaio che nel 1848 sopravvisse ad un terribile incidente durante i lavori di costruzione di una ferrovia: un’improvvisa esplosione fece penetrare un’asta di ferro nella guancia sinistra dell’uomo, che fuoriuscì dalla parte superiore della testa e distrusse parte della corteccia frontale del suo cervello. L’uomo riuscì a sopravvivere, ma da quel momento mostrò un profondo cambiamento di personalità: divenne bizzarro, capriccioso, aggressivo, insolente e noncurante delle regole del vivere sociale; il suo carattere, i suoi gusti e le sue aspirazioni erano cambiati.

Il caso di Phineas Gage è stato il primo caso descritto in letteratura di un’alterazione così profonda della personalità conseguente ad una lesione cerebrale e suggerì quindi, già all’epoca, l’esistenza di profonde interconnessioni tra biologia e comportamento umano.

 

Il caso di Phineas Gage

Attualmente gli studiosi sostengono il ruolo sia delle variabili biologiche che ambientali nello sviluppo della personalità, nello sviluppo cognitivo, emotivo, comunicativo, sociale: i processi di sviluppo sono influenzati sia dalla dotazione biologica che dall’ambiente, quindi sia dai geni che dalle pratiche educative ed altre influenze ambientali. Le basi biologiche forniscono al bambino un preadattamento alla vita, ma le esperienze che egli fa durante la vita, tipiche della particolare cultura in cui vive, modificano il suo percorso a partire da quelle basi.

L’ambiente, infatti, può essere causa di cambiamenti considerevoli di una caratteristica determinata biologicamente: esemplare è il caso di Genie, una bambina di 12 anni presa in custodia dalla polizia di Los Angeles nel 1970. Genie era cresciuta segregata in casa per dodici anni e non aveva mai ascoltato nessun tipo di linguaggio verbale. Quando fu trovata e adottata fu sottoposta a diverse terapie per far fronte ai danni che aveva comportato l’isolamento, ma gli sforzi per insegnarle a parlare ebbero pochi successi: dopo 6 anni la quantità di parole che riuscì ad imparare fu estremamente limitata, non apprese le regole della grammatica, non sapeva fare domande e modulare il tono della voce; le sue capacità linguistiche non andarono mai oltre quelle di una bambina di 2 anni e mezzo. Questo perché il processo di acquisizione di una lingua, pur avendo le sue basi nel sistema biologico dell’uomo, si realizza pienamente solo attraverso ed all’interno di un contesto comunicativo, affettivo e relazionale.

Apprendimento del neonato nel dibattito tra natura e cultura

 

Anche nell’ambito delle psicopatologie è importante prendere in considerazione sia i fattori genetici che quelli ambientali.

Secondo il modello stress-vulnerabilità la schizofrenia, ad esempio, si manifesta in persone con una predisposizione individuale a sviluppare la malattia, che può verificarsi in presenza di alcuni eventi stressanti estremi. L’esordio, la remissione e la ricorrenza dei sintomi sono considerati prodotti di un’interazione tra questa vulnerabilità e i fattori stressanti ambientali. Altro esempio è il disturbo borderline di personalità che affonda presumibilmente le sue radici sia in una vulnerabilità di natura temperamentale, che predispone la persona a risposte emotive intense, sia nell’ambiente familiare infantile invalidante, che respinge o ignora i segnali del bambino nei primi mesi di vita e non dà quindi adeguato supporto alla regolazione delle emozioni durante le prime fasi della vita.

 

In presenza di eventi psicosociali stressanti dello stesso tipo, quindi, solo alcuni soggetti sviluppano una determinata psicopatologia, in quanto la malattia è il prodotto di vulnerabilità, predisposizioni biologiche, fattori ambientali, culturali ecc..

Eventi stressanti sperimentati dopo la nascita, quindi, sono in grado di influenzare in maniera determinante le differenze individuali circa la vulnerabilità allo sviluppo di malattie nell’arco della vita.

 

Dott.ssa Adriana Esposito