Bullismo: un termine abusato – NeuroPsi
Bullismo

Bullismo: un termine abusato

Cosa si intende per bullismo

Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento ed intenzionale, di natura fisica o psicologica, ripetuto nel corso del tempo nei confronti di persone considerate dal soggetto che lo mette in atto come bersagli facili e/o incapaci di difendersi.

E’ un fenomeno sociale relativamente recente, o meglio, sono recenti gli studi dedicati ad indagarne le cause e le conseguenze.

Negli ultimi anni, inoltre, il bullismo sta assumendo forme diverse che richiedono interventi mirati: a partire dagli anni 2000, con la diffusione di Internet, infatti, sembra espandersi a macchia d’olio il fenomeno del cyber-bullismo, un tipo bullismo attuato mediante la rete.

 

Qualsiasi atto prepotente o aggressivo è considerato bullismo? No!

Il termine bullo significa letteralmente “prepotente”, ma la prepotenza è solo un aspetto del bullismo, un fenomeno in realtà multidimensionale e con specifiche caratteristiche.

Sono tre gli elementi che lo caratterizzano e lo distinguono da atti aggressivi isolati, comportamenti provocatori o prepotenti:

1) Asimmetria di potere: tra il bullo e la vittima sussiste uno squilibrio di potere, che può derivare dalla forza fisica, dalle capacità, dal possesso di risorse materiali o sociali come ad esempio l’appoggio di un gruppo di persone;

2) Intenzionalità: il più forte mette in atto intenzionalmente atti ostili verso il più debole, con mezzi fisici, verbali o anche attraverso il solo isolamento e rifiuto sociale della vittima, tali da danneggiarla o ferirla in vario modo;

3) Reiterazione: la situazione descritta si ripete nel tempo più e più volte; non è sufficiente, cioè, un singolo episodio, ma deve instaurarsi una forma di relazione che, cronicizzandosi, crei dei ruoli definiti: colui che subisce le prepotenze (la vittima) e colui che le mette in atto (il bullo).

Se uno di questi tre elementi viene a mancare non si può parlare di bullismo.

 

Chi sono i protagonisti coinvolti in episodi di bullismo?

Oltre alla relazione tra bullo e vittima, sono presenti quasi sempre relazioni gruppali che vedono protagonisti i compagni, sia della vittima che del bullo, che assumono vari ruoli.

– Il “bullo” è colui che mette in atto la prepotenza, convince gli altri ad appoggiarlo, inventa nuovi modi per colpire la vittima ed è spesso a capo di un gruppo;

– La “vittima” è il destinatario delle prepotenze. Si possono distinguere due tipi di vittime: la vittima passiva, non aggressiva, ansiosa e sottomessa, e la vittima provocatrice, che sperimenta una combinazione di reazioni ansiose ed aggressive;

– Il “sostenitore” è colui che deride la vittima, incita il bullo, richiama l’attenzione del gruppo;

– L’ “assistente” aiuta il bullo, talvolta tenendo fisicamente ferma la vittima;

– Il “difensore” riferisce agli adulti le prepotenze, prova a fermarle e a rincuorare la vittima, cerca altri che vengano in soccorso durante gli episodi aggressivi e parteggia per la vittima;

– L’ “outsider”, infine, normalmente non è presente perché se ne sta in disparte, facendo finta di non vedere cosa accade e di non sapere niente di ciò che succede.

Quali cause e quali conseguenze

Le possibili cause del comportamento di un bullo sono da ricercare all’interno dei suoi principali ambienti di socializzazione: la famiglia e la scuola. Il bullismo si diffonde per contagio ed imitazione, senso di deresponsabilizzazione da parte del gruppo, scarso controllo da parte degli adulti e prolungata esposizione alla violenza ambientale che determina l’interiorizzazione di modelli di azione violenti.

Le conseguenze possono essere molto serie: la vittima, spesso, arriva a sviluppare acuti sentimenti di isolamento sociale, rifiuto della scuola, abbassamento dell’autostima, ansia e sentimenti depressivi. Il bullo, inoltre, in contesti in cui non è adeguatamente seguito da genitori e insegnanti, può percepire dal senso di impunità per i propri atti aggressivi il messaggio che le prepotenze sono lecite e da qui giungere a considerare normali e legittime le condotte antisociali, che con la crescita possono stabilizzarsi in uno stile di vita delinquenziale.

Come intervenire?

Sono stati messi a punto, negli anni, diversi programmi di prevenzione ed intervento per arginare il fenomeno nelle scuole, che hanno come principali obiettivi prevenire, ridurre o estinguere il bullismo e coinvolgere anche gli adulti, insegnanti e genitori, nel processo di presa di coscienza dell’entità del fenomeno.

La migliore forma di prevenzione resta l’intervento sullo sviluppo emotivo dei bambini: esiste una stretta relazione tra autoregolazione emotiva e competenza sociale, tanto che alcuni autori parlano di competenza socio-affettiva.

La capacità di regolare le proprie emozioni si associa, infatti, a popolarità nel gruppo dei pari, empatia, comportamenti prosociali, maggiore abilità nella risoluzione dei conflitti, mentre un’inadeguata regolazione si associa a comportamenti a rischio, tra cui aggressività e comportamenti delinquenziali, sia nel contesto scolastico che familiare.

 

Dott.ssa Adriana Esposito